‘Agromafie e caporalato’. Il malaffare nell’agroalimentare
Il dossier curato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil
Su e giù per l’Italia. A raccogliere pomodori e angurie, mele e arance. Seguendo il ritmo delle stagioni, del loro alternarsi. Sfruttati e malpagati. Strozzati dalle mani dei caporali, che impongono anche il loro tariffario: 5 euro per il trasporto; 3,50 euro per il panino; 1,50 euro per ogni bottiglia d’acqua consumata. E’ il destino di 400mila lavoratori in agricoltura, di cui circa 100.000 migranti, costretti a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni fatiscenti.
Sono alcuni dei dati contenuti nel
‘Primo rapporto su caporalato e agromafie’, il dossier curato dall’
Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, che ha l’obiettivo di analizzare le principali forme di illegalità e di sfruttamento nel settore agroalimentare. Per questo, il rapporto fotografa il
costo del caporalato e
mappa gli epicentri di rischio in Italia in cui si registra un alto tasso di sfruttamento lavorativo. Il caporalato, dunque, è un fenomeno diffuso in tutta la Penisola, con forti espansioni al Centro-Nord, in particolare in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana.
Inoltre, nel settore agroalimentare si sta facendo sempre spazio la minaccia dell’
agromafia. Estorsioni, usura, furti, sofisticazioni alimentari. Un fenomeno criminale che gestisce un giro d’affari che oscilla tra i 12 ed i 17 miliardi di euro.