’Vale la pena’ aiutare i detenuti migranti
Negli istituti di pena di Foggia e Lucera attivati sportelli di mediazione culturale per migliorare le condizioni degli stranieri
Nelle Case Circondariali di Foggia e Lucera, per migliorare le condizioni carcerarie dei detenuti migranti, è stato attivato ’Vale la pena’, un progetto di mediazione culturale promosso dalla Cooperativa Arcobaleno e finanziata dal Ministero dell’Interno attraverso il Fondo per l’Integrazione degli Immigrati.
Domenico Lamarca (coordinatore dello sportello)
L’obiettivo è di attivare presso gli istituti penitenziari di Foggia e Lucera sportelli di mediazione culturale. Quindi, lavorare con i detenuti stranieri e fare in modo che l’esperienza di detenzione sia meno disagiata. Quali sono le richieste maggiori che vi arrivano dai detenuti stranieri? Sicuramente la richiesta di poter contattare le loro famiglie, perché molti di questi detenuti hanno familiari nei propri Paesi di provenienza e per poter contattare le famiglie occorre avere un telefono fisso. Altre richieste riguardano la conoscenza di quelli che sono i loro diritti e la possibilità, per esempio, di poter accedere alle misure di pena alternativa. Ma la richiesta particolare è quella di trovare qualcuno che una volta a settimana possa parlare con loro. Molti detenuti stranieri, infatti, non hanno mai avuto un colloquio con i loro parenti e quindi si ritrovano a vivere l’esperienza del carcere esclusi tra gli esclusi. Il progetto ’Vale la pena’ ha trovato nelle Amministrazioni Penitenziarie di Foggia e Lucera degli alleati importanti, perché la presenza dei mediatori culturali sta favorendo la comunicazione fra i detenuti migranti e gli stessi agenti penitenziari, arginando in qualche modo il senso di esclusione e favorendo la qualità di detenzione.
Domenico Mascolo (Magistrato di sorveglianza presso i Tribunale di Foggia e Lucera)
Questo progetto ’Vale la pena’ nasce in una prima fase per rendere la detenzione più leggera per questi soggetti, parificarli ai soggetti non stranieri. Ovviamente, nell’ambito dei diritti che gli offre l’ordinamento penitenziario e fargli capire le loro prospettive di reinserimento. In una seconda fase abbiamo la possibilità di avere delle Borse Lavoro, e quindi una prospettiva anche di reinserimento. Ma tengo ad evidenziare la fase più essenziale, la motivazione per cui molti poi scelgono di compiere atti autolesionisti: affrontare meglio il regime detentivo. Non siamo per fortuna in un Paese in cui non vengono garantiti i diritti dei detenuti. Ci sono questi diritti nel nostro Ordinamento Giudiziario ed un soggetto immigrato magari non li conosce e se non vede prospettive future può cadere nella disperazione più totale. Ma quando trovi una persona che viene in ambito detentivo non per lavoro ma per svolgere un’attività socialmente utile e parla la tua lingua è un modo per sentirsi, non dico a casa, che c’è qualcuno fra le cosiddette persone per bene che ti capisce e che è pronto a sostenerti.In Italia i diritti dei migranti sono garantiti anche in carcere, anche quando si viene arrestati. Ed i cittadini migranti che non hanno la possibilità economica di farsi difendere da un avvocato, possono ricorrere al difensore d’ufficio garantito dall’Ordinamento giuridico italiano.
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