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I migranti nella masseria Agordat. Ma acqua e bagni sono distanti

Dopo lo sgombero dei giorni scorsi, i lavoratori stagionali hanno trovato un nuovo riparo grazie ai volontari del campo ‘Io C Sto’. Numerosi, però, i disagi pe gli ospiti della nuova struttur

pubblicato il 01/09/2010
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I migranti nella masseria Agordat. Ma acqua e bagni sono distanti

Dopo lo sgombero dei giorni scorsi, i lavoratori stagionali hanno trovato un nuovo riparo grazie ai volontari del campo ‘Io C Sto’. Numerosi, però, i disagi pe gli ospiti della nuova struttur

I bagni chimici e le cisterne d’acqua distano circa 5 km dal nuovo sito in cui hanno trovato riparo, ma almeno i migranti hanno un nuovo tetto sulla testa. Anche se si tratta di un tetto piuttosto pericolante, a rischio crollo, ricavato nella masseria abbandonata Agordat, che porta il nome di una cittadina dell’Eritrea in cui si concentrarono gli scontri fra le truppe coloniali italiane e gli eritrei. Quasi un segno del destino per i circa 60 migranti stagionali, tutti provenienti dall’Africa, che lo scorso 26 agosto sono stati fatti sgomberare da Casa Sollievo della Sofferenza, proprietaria dallo stabile in cui vivevano.

L’immobile, situato in località Cicerone, dava loro accoglienza da diversi anni. Specialmente nel periodo della raccolta dei pomodori, quando si registra una massiccia presenza di migranti stagionali. Tanto che la stessa Regione Puglia, in collaborazione di Medici Senza Frontiere e Acquedotto Pugliese, ha installato in prossimità della struttura bagni chimici e botti d’acqua al fine di migliorare le loro condizioni igienico-sanitarie. Ma Casa Sollievo della Sofferenza ha motivato lo sgombero dello stabile a causa del “rischio crollo di alcune strutture”. Come la chiesetta dell’Oasi della Divina Misericordia, la cui entrata è stata completamente murata. Ma ha agito senza avvisare nessuno. Né la Regione Puglia, né tanto meno i migranti che si sono così visti privare anche dei diritti più essenziali.

Ad aiutargli, però, a trovare un nuovo sito in cui soggiornare, i ragazzi del campo ‘Io C Sto’, guidati da padre Arcangelo Maira. Ogni giorno i volontari si recano presso la Masseria Argodat per ricreare uno spazio dignitoso in cui far abitare gli ospiti. Hanno ripulito il terreno per evitare che il vento alzasse polvere e cenere, hanno creato un angolo da utilizzare come raccolta dell’immondizia. Ma i ragazzi, arrivati dalla parrocchia San Frumenzio di Roma, stanno aiutando i migranti a sistemare nel migliore dei modi le loro nuove abitazioni. Anche se molto precarie ed instabili.

Padre Arcangelo Maira (Missionario Scalabriniano) Le case non sono molto stabili, hanno i tetti sfondati, ma alcune stanze sono ben agibili. Hanno trovato il terreno qui davanti con le stoppie tutte bruciate. Anzi, il giorno prima era ancora viva la fiamma. E quindi il vento di questi giorni ha buttato la cenere un po’ dappertutto, impendendo la vita esterna. Sono rimasti in casa.

Il problema è che i bagni chimici e le cisterne d’acqua sono distanti, e poi manca un punto in cui è possibile buttare l’immondizia.

Padre Arcangelo Maira - Esatto, qui abbiamo un pozzo ma sicuramente non è acqua potabile. L’acqua potabile delle cisterne speriamo che Medici Senza Frontiere ottiene subito dalla Regione Puglia di poterlo avvicinare a questo sito. L’altro problema è quello dell’immondizia, che non portata via rischia di provocare delle malattie che attaccherebbe anche la popolazione. Quindi, è importante pensare a qualcosa.

Per alcuni dei migranti le giornate alla Masseria Argodat sono molto lente. Non tutti hanno trovato lavoro nei campi. E quando lo trovano, la paga non è delle migliori. 3 euro e 50 a cassonetto. A volte anche 4. Meglio aspettare la raccolta dell’uva, dove si possono guadagnare anche 7 euro all’ora. Intanto, c’è da risolvere il disagio della lontananza dall’acqua potabile e dai bagni chimici. Anche se i problemi sono più numerosi.

Padre Arcangelo Maira - I documenti, lo sfruttamento in campagna, le malattie ed i dolori per il lavoro duro… e la mancanza di rapporti umani con la gente.














 
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