Borgo Mezzanone, ‘Casa Speranza’ per rifugiati e richiedenti asilo
Nella struttura trovano accoglienza 12 migranti. In sei anni sono stati ospitati oltre 550 cittadini stranieri
Adame ha 40 anni e nel 2008 ha lasciato il suo Paese, la Costa d’Avorio, perché per il Governo era un oppositore politico. La sua vita era in pericolo, per questo ha deciso di lasciare tutto e venire in Italia. La sua storia è molto simile a quella di Daoda, Moussa, Bamba. Altri ragazzi africani. Altri
racconti di chi è scappato via dal proprio Paese per sfuggire a guerre e persecuzioni. Storie di richiedenti asilo, rifugiati politici o beneficiari di protezione umanitaria. Storie di oltre 500 migranti che dall’11 dicembre 2004 trovano accoglienza presso Casa Speranza di Borgo Mezzanone.
Don Domenico Facciorusso (direttore Caritas Manfredonia)
Casa Speranza è una struttura d’accoglienza notturna, dormitorio per i rifugiati di passaggio, che non rientrano in una procedura standard quando arrivano in Italia, appunto, fanno richiesta di asilo e possono anche usufruire di un’accoglienza parallela a quella che lo Stato Italiano offre. ‘Casa Speranza’ nasce cinque anni fa proprio come risposta ad un bisogno che abbiamo visto nel territorio. Spesso questi ragazzi dormivano all’aperto, specialmente in inverno, sotto i balconi nella nostra borgata e si è fatta avanti la necessità, costruita appunto in proposta, di una struttura accoglienza ricettivo notturna ‘simbol’ ‘segno’ dove dodici ragazzi di passaggio che hanno la possibilità di dormire ma per noi diventa non solo un luogo per accoglierli in una casa, Casa Speranza appunto, ma anche un modo per educare la comunità, il territorio all’accoglienza quindi è un opera ‘segno’ si dice, un segno che aiuta un piccolo gruppo di ragazzi profughi ma diventa anche un segno per la comunità ad essere attenta alle persone bisognose.‘Casa Speranza’ si trova a pochi metri dall’entrata di Borgo Mezzanone.
I 12 ospiti sono accolti nelle camere della struttura gestita dalla Caritas parrocchiale di Santa Maria del Grano. Oltre a 4 posti letto per stanza, gli accolti hanno a disposizione bagno, sala ricreativa e cucina. Il progetto promuove il senso di responsabilità e condivisione degli spazi da parte degli ospiti, e punta soprattutto a favorire processi di integrazione socio-lavorativa.
Dina Diurno (progetto Casa Speranza)
La cosa interessante è che queste persone hanno puntato all’integrazione, perché senza integrazione non si può avviare un nuovo progetto di vita, che è un progetto che è stato premeditato, ma anche non premeditato. Perché c’è gente che viene qui anche per motivi economici, ma la maggior parte della gente che è passata di qui è gente che è scappata per problemi di guerre, di altri problemi dovuti a guerre etniche, religiose anche problemi familiari legati ad un tipo di cultura che per loro era opprimente, gli toglieva la libertà di essere persona. Queste persone… quello che facciamo in questa casa cos’è? Non è solo accoglienza, cioè dire alla persona che da oggi hai un tetto, per un tempo di un mese, due, anche di un anno dipende dalle circostanze. Ma è dare strumenti alla persona perché possa integrarsi, quindi indirizzarli sul piano di vista dell’integrazione cioè indirizzarli a corsi di italiano, corsi di formazione prendere contatti anche con il nord per le fabbriche, posti dove fanno la formazione lavorativa specifiche, perché anche loro hanno le loro esigenze. Tra di loro fanno il bilancio delle competenze, quindi è gente che è migliore di noi da tanti punti di vista che magari qui solo perché lo si vede nero si dice che non sa fare nulla. E’ passata di qui anche gente che era ingegnere che era diplomato, anche insegnanti. Qui però sembra che non sono riconosciuti di nulla di quello che sanno fare. Quindi un avvio a ritrovare quell’identità perduta, ma che possono rimettere qui in un paese che non è il loro, ma che cercano di fare loro per quello che possono.Il progetto di Casa Speranza si mantiene grazie all’auto-tassazione della comunità. Cinque euro al mese ad abitante per raggiungere i 300 euro necessari a pagare l’affitto e sostenere un’idea di accoglienza. Un’idea che nel giro di sei anni ha accolto più di 550 migranti.